5/12/2017
Diritto Europeo

47 sfumature di Black List: quando il nero diventa grigio. Emanata la Black List di matrice europea. Ma i Paesi “amici” restano fuori.

Dopo due anni di discussioni, il Consiglio Ecofin ha varato una black list contenente le “giurisdizioni non collaborative” in ambito fiscale ed una grey list con i Paesi che si sono impegnati, entro il 2018-2019, a modificare o abolire i regimi preferenziali dannosi individuati, ad adottare misure di trasparenza o ad implementare lo standard minimo BEPS.

Al vaglio sono passate 92 giurisdizioni. Tre i criteri utilizzati: (i) trasparenza fiscale; (ii) tassazione equilibrata; (iii) applicazione degli standard minimi OCSE come risultanti dal Progetto BEPS.

Nella Black List sono entrate 17 giurisdizioni (Samoa, Bahrein, Barbados, Grenada, Guam, Corea del Sud, Macao, Isole Marshall, Mongolia, Namibia, Palau, Panama, Saint Lucia, Trinidad e Tobago, Tunisia ed Emirati Arabi Uniti), mentre nella Grey List 47, tra cui Svizzera, Bahamas e Cayman.

A conclusione dei lavori, il Consiglio ha dichiarato che le sue considerazioni (da tenere aggiornate costantemente) costituiscono solo un primo passo verso il contrasto ai paradisi fiscali, dichiarandosi anche favorevole all’individuazione ed all’applicazione di misure difensive – anche extra fiscali – che tutelino le basi imponibili dell’Eurozona dalle giurisdizioni blacklisted.

L’Ecofin, ha precisato che le liste stilate non si sostituiscono a quelle eventualmente in vigore nei singoli Stati Membri, così come le future misure di protezione andranno adottate tenendo conto delle previsioni nazionali che già contrastano il prosperare dei paradisi fiscali.

A fronte del dibattito europeo sul tema (che era iniziato a luglio del 2016) Oxfam – organizzazione non governativa nata per combattere la povertà nel mondo – ancor prima della pubblicazione della nuova Black List si è mostrata profondamente critica nei confronti dell’approccio europeo.

In particolare, l’ONG osserva come, nella stesura della nuova Black List di matrice comunitaria, siano stati utilizzati due pesi e due misure, al fine di escludere a priori gli Stati Membri e di non includervi taluni Stati Extra UE definiti “amici”. Peraltro, i dati di partenza utilizzati e i risultati dell’istruttoria non sono consultabili, rendendo di fatto impossibile verificare la bontà delle conclusioni. Quanto ai criteri utilizzati, Oxfam li ritiene eccessivamente generici.

Così, in aperta polemica con Bruxelles, con il documento “La lista nera sfumata di grigio – come dovrebbe presentarsi la blacklist UE dei paradisi fiscali”, l’organizzazione ha diramato una propria black list contenente 39 giurisdizioni (più del doppio di quella europea), inclusi anche 4 Stati UE: Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Malta.

Ad esito della propria analisi, è convinzione dell’Oxfam che l’Unione Europea debba:

-       potenziare i propri criteri di blacklisting, includendovi tutte le pratiche fiscali dannose ed estendendo l’analisi anche ai propri Stati membri, senza lasciarsi influenzare da temi politici o interessi particolari;

-       adottare una Black List unica per tutta l’Eurozona, che si sostituisca definitivamente ad eventuali provvedimenti nazionali equipollenti;

-       anteporre gli interessi dei cittadini a quelli dei paradisi fiscali e delle grandi corporation;

-       introdurre sanzioni rapide, efficaci e concrete per le giurisdizioni inserite nella lista nera;

-       completare appena possibile il processo di armonizzazione fiscale auspicato con il progetto CCCTB;

-       sostenere le economie dei Paesi in via di sviluppo che sono irrimediabilmente legate al proprio status di territorio a fiscalità privilegiata.